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FarodiRoma – I #sacchetti biodegradabili e la cultura del sospetto (infondato)

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Mercoledì scorso, giorno in cui gli italiani si sono accorti della “questione sacchetti”, l’hashtag più usato su Twitter è stato #Sacchettibiodegrabili e gli altri social a seguire. I post, inizialmente simpatici e divertiti, ben presto sono diventati offensivi e agguerriti contro “il complotto”: quello ordito da Renzi per favorire Catia Bastioli, presunta carissima amica dell’ex-premier. Ora, la signora Bastioli è amministratore delegato della Novamont che nel 2016 ha fatturato 170 milioni di euro ed è leader europeo dei sacchetti biodegradabili previsti da una direttiva europea del 2015. Costei smentisce di essere amica di Renzi che conosce a malapena – ma conferma di essere primo inventore di circa 100 brevetti e di tanta altra bella roba: insomma una di quelle persone che tiene il nostro paese all’avanguardia in Europa e nel mondo creando posti di lavoro in Italia.
Queste informazioni sono reperibili in rete in meno di un minuto ma a noi italiani pare la cosa non interessi: preferiamo mille volte essere tra quelli che “scoprono il complotto” (non importa se attraverso una catena di WhatsApp). Quali sono le cause della fascinazione?
In primo luogo avere nemici importanti dà l’impressione di essere importanti: in fin dei conti Erode, Caifa e Ponzio Pilato sarebbero emeriti sconosciuti se non avessero condannato Gesù Cristo. Inoltre, tanto più il complotto è vasto e profondo quanto più è difficile essere smentiti e così possiamo sembrare intelligenti e furbi. Se per esempio un medico dice che bisogna vaccinarsi è facile smentirlo dicendo che la sua affermazione è motivata dai soldi che riceve dalle case farmaceutiche, oppure che la lobby della medicina ufficiale – per interessi occulti – ha deciso di sostenere una certa tesi. E all’obiezione su quale sia la fonte alternativa dell’informazione basta rispondere con un nome sconosciuto che, ovviamente, è sconosciuto a causa della lobby eccetera eccetera e della medicina ufficiale eccetera eccetera per cui “chi cerca di dimostrare che il complotto non c’è o è artefice del complotto o è vittima del complotto” (cfr. Bruno Mastroianni). Infine, rendere il problema enorme esime dall’intervenire: se me la prendo con il vicino perché non spala la neve dal marciapiede di sua competenza sono chiamato a parlargli e a riprenderlo; ma se me la prendo con il comune, con lo stato o con l’effetto serra, è chiaro che non posso fare nulla: insomma passo per intelligente ed esperto a costo zero.
Ci sarebbe solo da sorridere se non fosse che dare spazio ai teoremi complottardi rende stupidi. Il cervello, per funzionare, deve essere esercitato. Abbiamo bisogno dei distinguo, dei ragionamenti sottili, che non tremano di fronte alla realtà che, quasi sempre, è complessa. E questo non vale solo per la politica o il lavoro. Vale, molto di più, per le nostre relazioni piccole e quotidiane. La persona stupida sa sempre trovare colpevoli perché non distingue tra prove, indizi e supposizioni infondate. E così fa delle vittime innocenti. Come la signora Bastioli che per i suoi sacchetti meriterebbe un premio e non di essere linciata.

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